Un mostro chiamato Girolimoni
A dicembre in libreria il libro di fabio sanvitale e armando palmegiani. Un’indagine su un very cold case: il caso Girolimoni. 7 bambine aggredite, violentate e uccise nella roma del fascismo. Un innocente perseguitato. Il probabile colpevole che sfugge alla giustizia. Una storia vera. Un libro di giornalismo investigativo che celebra come un racconto la roma di una volta, riapre il caso, ne individua contraddizioni e dubbi e contiene il profiling del vero responsabile dei delitti di roma.
La Banda della Uno bianca
Un saggio sulla spietata banda che terrorizzò Bologna e dintorni
di Camilla Corsellini (Bevivino Editore) — Pag. 128 — Euro 10,00
Sette anni. Per sette anni una Fiat Uno Bianca attraversa l’Emilia Romagna diventando la firma di una banda di killer che assaltano caselli autostradali, banche, uffici postali e supermercati, che uccidono e feriscono carabinieri, impiegati di banca, immigrati, nomadi e semplici cittadini. E poi scompaiono, come sono arrivati. Nessuna traccia. Nessun indizio. Sette anni di sangue, segreti, inseguimenti. Ventiquattro morti. Centodue feriti. Questa è la storia di tre fratelli a cui il padre ha insegnato a sparare nei campi, la storia di tre poliziotti che diventano banditi, di una macchina che significa terrore, di cinque Procure che non seppero o vollero fermarli, di una sensibilità malata che, quando si sente offesa, uccide.
L’autrice di questo saggio è Camilla Corsellini, nata a Bologna nel 1973. Si è diplomata in regia teatrale alla Scuola di Teatro Colli di Bologna. È autrice di un testo teatrale: Giordano Bruno. Ha partecipato, in qualità di regista collaboratore e adattamento testi a numerosi spettacoli teatrali nell’ambito del festival “La Musica in Scena” della Provincia di Bologna. Ha collaborato con il portale “Quotidiano.net” (Il Resto del Carlino — Il Giorno — La Nazione).
Sangue blu
Antonio Rossitto
Mondadori – Collana Oscar Varia
Pagine 210
Prezzo 8,40 euro
Genere: true crime
Firenze, 1997: il conte Alvise Nicolis De Robilant viene ritrovato nel suo appartamento con il cranio sfracellato. Roma, 1991: Alberica Filo della Torre muore strangolata nella sua villa all’Olgiata. Portofino, 2001: Francesca Vacca Agusta si allontana per una nuotata e scompare. Incidente, suicidio o omicidio? Milano, 1993: l’imprenditore Raul Gardini muore suicida (forse). Roma, 1990: il costruttore Giorgio Recchi uccide l’ex moglie. Milano, 2002: Ruggero Jucker uccide e sevizia la fidanzata.
Sono sei dei più eclatanti casi di cronaca nera che hanno sconvolto e appassionato il pubblico negli ultimi anni. Delitti eccellenti, molto diversi tra loro per le modalità e le motivazioni, accomunati tuttavia da un filo. Che in questo caso non è rosso, ma blu: come il sangue delle vittime, tutte esponenti della cosiddetta “nobiltà”. Sei crimini ancora in buona parte avvolti dal mistero che in queste pagine Antonio Rossitto ricostruisce con brillantezza, attenzione ai particolari e rispetto per la verità. Per arrivare a disegnare un ritratto in chiaroscuro, con molte ombre e poche luci, del marcio che si nasconde sotto la scintillante patina glamour dell’alta società italiana.
Con il sangue agli occhi
Un boss della banda della Magliana si racconta
Antonio Mancini, Federica Sciarelli
Rizzoli
Euro 14,00
Roma 1977. Mentre la polizia è alle prese con le Brigate Rosse, un potente clan criminale allunga le mani sulla città, monopolizza lo spaccio di droga e semina terrore a suon di piombo. È la banda della Magliana, un gruppo di affiliati che si spartiscono 600 miliardi di lire l’anno, in buoni affari con mafia, camorra e ‘ndrangheta, ma anche con gli ambienti della politica e dell’estrema destra. Dopo dieci anni di sangue quasi tutti i componenti della banda sono morti ammazzati, da rivali o ex amici.
In queste pagine, Federica Sciarelli raccoglie la testimonianza di Antonio Mancini, uno dei pochi sopravvissuti. Il risultato è un viaggio negli inferi del vorticoso giro di affari sporchi, faide e vendette personali. Scritto come un romanzo, “Con il sangue agli occhi” rivela il ruolo giocato dalla banda in molte vicende di cronaca di quegli anni dal sequestro Moro al delitto Pecorelli, fino all’attentato punitivo a Roberto Rosone, vicepresidente del Banco Ambrosiano -, portando alla luce i particolari inediti di alcuni dei più oscuri intrighi di potere della recente storia d’Italia.
Lo smemorato i Collegno
Storia italiana di un’identità contesa
Di Lisa Roscioni
Ed. Einaudi Euro 26,50
A rendere clamoroso il caso dello smemorato di Collegno contribuirono sia la stampa sia l’opinione pubblica. Una vicenda privata si trasformò rapidamente in un fenomeno collettivo che vide coinvolte aree sempre più ampie della società, della politica e delle istituzioni. La storia fu subito costruita in funzione di miti e modelli culturali profondamente radicati nell’immaginario popolare: dal ‘topos’ degli sposi perduti e ritrovati a quello dell’impostura e dello scambio di persona. I precedenti storici e letterari furono evocati con precisione: dall’Ulisse di Omero a Martin Guerre, al colonnello Chabert di Balzac. Il caso ispirò romanzieri, poeti e drammaturghi, tra cui Pirandello e un inedito Eduardo De Filippo. Ai richiami letterari si saldarono questioni allora di scottante attualità, come il dramma dei dispersi della Grande Guerra. Che cosa definiva l’identità di un individuo? Poteva essere dimostrata attraverso prove scientifiche? Era invariabile nel tempo oppure poteva essere costruita ad arte o scambiata? La tensione che scaturiva da queste domande rifletteva i conflitti e le ansie dell’epoca. Ma la vicenda si rivela ancora oggi un campo d’indagine straordinariamente utile per comprendere le suggestioni – sociali, cronachistiche e letterarie – che contribuivano a formare l’opinione pubblica nell’Italia del fascismo al potere. Ma anche un punto d’osservazione sui confini che dividevano la sfera pubblica dalla vita privata nei primi anni di un regime impegnato a ridefinire l’identità nazionale degli italiani.
Omicidi americani.
Da Kennedy a Columbine i grandi fatti di sangue raccontati dai premi Pulitzer
AAVV
Pagine: 307
Anno: 2006
Euro 15,00
Dopo il successo di Sette pezzi d’America tornano le grandi inchieste del giornalismo americano premiate dal Pulitzer. In questo secondo volume i grandi omicidi del Novecento americano. L’assassinio del presidente Kennedy, un’immensa tragedia collettiva qui testimoniata dal primo reporter che riferì al mondo l’evento. La strage della Columbine High School (che ha ispirato il premio Oscar Bowling a Columbine di Michael Moore), in cui due studenti massacrarono dodici compagni e un professore prima di suicidarsi. L’uccisione di quattro studenti da parte della Guardia Nazionale durante una manifestazione pacifista. Una setta segreta di Miami che compie omicidi sacrificali ed è dotata di una sanguinaria squadra di Angeli della Morte.
Infine, il celebre caso di due miliardari che uccidono un ragazzino pianificando il delitto perfetto, un inquietante fatto di cronaca che ha ispirato Nodo alla gola di Hitchcock. Omicidi americani è un’indispensabile antologia della grande cronaca nera, arricchita da numerose foto e pagine d’epoca, che unisce storie ad alto tasso emotivo con una narrazione degna dei migliori thriller, dando l’opportunità di riascoltare i più celebri fatti di sangue della storia americana dalla voce dei maestri del giornalismo a stelle e strisce. Completa il volume una prefazione di Giancarlo De Cataldo, autore del best seller Romanzo criminale.
da http://www.365bookmark.it/scheda_libro.lasso?codice_prodotto=20060706101042589489
Giallo Storia
Leandro Castellani – Enigmi, intrighi e delitti del ‘900
La quarta di Giallo storia
Quattordici «storie gialle» del Novecento italiano ed europeo: delitti singolari, pagine segrete, sconvolgenti casi di cronaca ricostruiti attraverso un lavoro d’inchiesta svolto dall’autore in prima persona, sulle tracce di testimoni oculari e di informazioni inedite. L’assassinio di un apostolo del pacifismo alla vigilia del primo conflitto mondiale, l’impresa impossibile di un poeta-guerriero, l’uccisione di un prete scomodo nel clima burrascoso del primo fascismo, l’azione terroristica contro un monarca che sconvolge l’equilibrio internazionale, l’eliminazione violenta del teorico della «rivoluzione permanente», la tragica ripresa dell’inquisizione staliniana, le pagine segrete del «dossier atomica», lo scandalo italiano che turbò gli anni cinquanta, la tecnica degli omicidi politici, sino a fatti di cronaca la cui eco non si è ancora spenta, dal caso Marta Russo al delitto D’Antona.
Capitoli di una storia che si proiettano sul nostro presente come una tragica ma eloquente premessa. E che servono a spiegare e chiarire, oltre che a ricordare.
Cuori Neri
Di Luca Telese
Dal rogo di Primavalle alla morte di Ramelli 21 delitti dimenticati degli anni di piombo
Ventuno morti, un unico filo di sangue che attraversa un decennio complesso di storia italiana. Ventuno giovani, quasi tutti di destra o comunque considerati tali, caduti nella guerra spietata degli anni di piombo: mitizzati dai loro camerati, demonizzati dai loro nemici, dimenticati da tutti gli altri. Ma prima di tutto ventuno ragazzi e altrettante storie che dicono molto sul nostro presente e che per la prima volta vengono sottratte alla memoria di una parte per essere restituite alla memoria condivisa di un intero paese. Storie tragiche, sorprendenti, emblematiche, sanguinose e drammatiche: il romanzo criminale degli anni di piombo. Questo libro è il frutto di un lavoro durato più di tre anni, durante i quali l’autore ha raccolto documenti spesso inediti, scovato fotografie, compulsato atti processuali, ritrovato vecchie interviste e trasmissioni televisive, ascoltato le voci di famigliari, amici e sopravvissuti a una stagione di odio e violenza.
Dalla morte di Ugo Venturini, ucciso nel 1970 da una bottiglia lanciata per fermare un comizio di Giorgio Almirante, fino all’uccisione di Paolo Di Nella nel 1983, quando una tragica stagione sembrava conclusa; in mezzo una sequenza di morti salite agli onori della cronaca – la strage di Primavalle, l’uccisione di Sergio Ramelli – e altre ormai dimenticate.
Un uomo abbastanza normale
di Ruggero Perugini – ed. Mondadori
Dal 1968 al 1985 i dintorni di Firenze sono stati teatro della più impressionante serie delitti mai registrata in Italia: sedici vittime, otto coppie sorprese nel buio, uccise con una pistola calibro 22, i cadaveri delle donne mutilati con un coltello per prelevarne macabri souvenir. Risultò ben presto evidente che dietro i duplici omicidi doveva esserci una sola mano, il serial killer soprannominato subito “il mostro di Firenze”: stessa scena, stessa pistola e, soprattutto, stesso rituale officiato dall’assassino dopo ogni delitto.
Ma chi era il mostro? Come catturarlo, in mancanza di un qualsiasi movente “ragionevole” che lo potesse collegare ai singoli episodi? Dopo una sequela di false piste e di errori giudiziari che portarono in carcere persone in seguito rivelatesi estranee, nel 1984 venne costituita una squadra investigativa speciale: la SAM, Squadra antimostro. Un anno più tardi l’indagine fu affidata al commissario Ruggero Perugini. Formato alla mitica accademia dell’FBI di Quantico in Virginia (quella resa celebre dal Silenzio degli innocenti di Thomas Harris), Perugini si mise immediatamente al lavoro:
studiò le scene dei delitti, s’immerse nell’enorme materiale sui serial killer disponibile in tutto il mondo, elaborò infine, con l’aiuto di esperti italiani e americani, l’identikit psicologico del mostro. A questo punto poteva avere inizio la “caccia”, una caccia molto particolare che consisteva nell’eliminare quanti più indiziati possibile, nel rifiutare qualsiasi suggestione che fosse contraddetta dai pochi fatti accertati.
Un uomo abbastanza normale, scritto da Perugini in forma di diario mentre l’indagine era ancora in corso, racconta una storia investigativa eccezionale: il primo grande caso di serial killer italiano seguito dall’interno, in un territorio inquietante, sempre pericolosamente in bilico tra la normalità e l’anormalità, tra il desiderio di allontanare da sé il mostruoso e la necessità di calarsi nella mente sconvolgente del colpevole.
Ruggero Perugini, romano, quarantotto anni, da vent’anni in polizia,
vive attualmente a Washington, dove riveste la funzione di ufficiale di collegamento tra l’FBI e Ia DIA.
Specializzatosi a Modena in criminologia clinica e perfezionatosi all’accademia di Quantico in Virginia, ha diretto la Squadra antimostro dal 1986 al 1992.
Il mostro ed il detective
di Giuseppe Dosi, Vallecchi
La storia dell’investigatore che scagionò Girolimoni come presunto uccisore di bambini.
Coppie diaboliche
dal delitto di Marostica al giallo di Omegna.
34 casi di «crimine a due». 1902-2006
13,0×21,0 – 248 pp. – Euro 16,50
COPPIE DIABOLICHE di Lupi & Marchesi raccoglie numerose storie, lontane nel tempo e nello spazio, di coniugi, amanti, omosessuali, fratelli, padri e figlie dall’apparenza irreprensibile, ma capaci di gesti atroci, anche ripetuti ossessivamente nel tempo, fini a sestesi. Dal delitto di Maristica dei primi del Novecento ai mitici Bonnie e Clyde, per giungere al caso Bebawi, e infine, ai giorni nostri, a Marc Dutroux, il mostro di Marcinelle, a Erika De Nardo e Mauro (Omar) Favaro, senza dimenticare la coppia Mambro-Fioravanti, Christine e Lèa Papin… Un viaggio attraverso i crimini di coppia del secolo appena trascorso, manifestazioni di follia a due che si svuotano di ogni connotazione romantica per concretizzarsi in atti spaventosi e incontenibili, sfuggenti a ogni tentativo di comprensione e classificazione.
Incontri fatali che sconvolgono un destino, anzi due. Con conseguenze tragicamente cruente. Quando si forma una coppia, il suo futuro, si sa, è imprevedibile. Certo, lo è per ogni singolo individuo, ma se questi ha un equilibrio fragile, che può essere sconvolto da un momento all’altro da un’emozione violenta o da un evento improvviso, e incontra l’anima gemella che gli corrisponde perfettamente, allora il domani non è soltanto incerto. Si può formare un’unione assurdamente esclusiva, indifferente alla realtà che la circonda, percepita come ostile, può manifestarsi quella parte di noi tutti celata, oscura, rimossa, che, perduti i freni inibitori, compie il gesto criminale, la violenza inaudita, l’assassinio efferato. I criminologi sostengono che “quando due soggetti si uniscono in coppia per commettere un atto delittuoso non si verifica una somma degli addendi bensì un prodotto, le componenti singole vengono amplificate all’ennessima potenza”.
Il caso Montesi
Grignetti Francesco –
Sesso, potere e morte nell’Italia degli anni ’50
Si dice “caso Montesi” e gli italiani sanno subito di che cosa si parla: il giallo irrisolto di quella ragazza, Wilma Montesi, scomparsa da casa nel centro di Roma e ritrovata cadavere su una spiaggia del litorale tre giorni dopo.Ma il caso va molto al di là del mistero di una giovane affogata nell’aprile 1953.
C’entra la politica, che si impadronisce dell’episodio e lo utilizza come arma impropria in vista delle convulse elezioni di quell’anno. È un capitolo importante nella storia del giornalismo: dopo vent’anni di regime fascista, gli italiani scoprono la forza del quarto potere. Segna l’irrompere sulla scena pubblica di nuovi protagonisti, figure destinate a durare: un giudice ambizioso che mette in crisi un governo; una testimone incontrollabile che fa tremare i potenti; un astuto colonnello dei carabinieri che regola alcuni conti con i cugini poliziotti; un gesuita che intesse trame con mezza Dc.Eppure il caso Montesi è molto di più. È un fenomeno di costume, un vorticoso impazzare di pettegolezzi, un folle gioco di dietrologie, l’uso politico della giustizia, l’irrompere del morboso nei timorati anni Cinquanta.
Morte, sesso, droga, gioco d’azzardo: d’improvviso i vizi dell’alta borghesia e le debolezze dell’aristocrazia diventano ghiotti materiali per la stampa. Cade un capo della polizia. Il ministro degli Esteri, Attilio Piccioni, è costretto alle dimissioni il giorno che gli arrestano il figlio, “colpevole” soprattutto di suonare il jazz. Mario Scelba, il presidente del Consiglio, inflessibile nemico del Pci e politico prediletto di don Sturzo, ne esce irrimediabilmente azzoppato. Trionfa Fanfani. Nasce la Prima Repubblica. E per la morte di Wilma non si scoprirà mai un colpevole.
Francesco Grignetti, giornalista dal 1985, alla redazione romana della «Stampa» dal 1989, si occupa di grandi casi di cronaca. Scrive di politica, giustizia, questioni militari, terrorismo. È stato inviato nei Balcani, in diversi Paesi arabi, in Afghanistan. Con Marsilio
Roma Criminale
Cristiano Armati – Yari Selvetella
Dal rapimento di Aldo Moro all’assassinio di Pisolini
Newton & Compton Editori, pagg. 449
PARLARE DEL LATO OSCURO E MISTERIOSO DI ROMA, “CITTÀ FONDATA CON UN OMICIDIO E popolata con uno stupro di massa”, come scrive ironicamente il coautore Armati nel prologo “La legge di Romolo”, significa indagare il contesto sociale in cui il crimine viene perpetrato, e che, per certi versi, lo ha ispirato.
“Roma criminale” ripercorre la storia dei peggiori delitti che hanno macchiato di sangue la capitale. Anche quelli rimasti irrisolti.
Delitti pianificati o apparentemente inspiegabili, forme autoctone di malavita e sodalizi delinquenteschi radicati nei singoli quartieri: ogni fenomeno è oggetto di studio da parte degli autori.
A livello criminodinamico, se dalla Roma umbertina ci si sposta a quella dei giorni nostri, è facile notare sorprendenti analogie. Dietro la morte della Contessa Lara si affaccia l’omicidio – questo irrisolto – della moderna Filo della Torre.
L’assassinio di Sonzogno, per il coinvolgimento di ambigui apparati di potere, richiama alla memoria il contesto in cui maturò l’ordine di far fuori Mino Pecorelli.
L’epopea di Sommaruga, in virtù di una condotta economica disinvolta, ricorda molto il crac del Gruppo Cragnotti.
La grave crisi edilizia del 1897 potrebbe paragonarsi nell’epopea di palazzinari generosi di mazzette che hanno devastato Roma (e non solo) tra gli anni ’70 e ’80.
Lo scandalo della Banca Romana, per non parlare dei futuri scandali patrocinati dallo IOR e dalla BNL di Atlanta, è forse l’emblema di un malcostume che, in tempi a noi più vicini, ha consegnato alle cronache giudiziarie le avventure di un manipolo di politici corrotti: i protagonisti, per intenderci, della tristemente nota vicenda di Tangentopoli.
Come dare una risposta a tutto questo?
Trattasi della conferma della teoria dei corsi e ricorsi di Vico?
I modelli di manifestazione del crimine sono i medesimi nel tempo?
La molla che spinge a rapinare è sempre la stessa?
La follia che arma la mano di un uxoricida, la disperazione che guida un terrorista, nascono da una condizione che ha un germe comune ed una modalità di manifestazione che possono essere studiati?
Quale devastazione del sentire trasforma un uomo apparentemente normale in un mostro?
La Criminologia e la Psichiatria forense hanno fatto del loro meglio, negli anni, per ragionare sui singoli fatti delittuosi che hanno insanguinato la nostra vita. E va detto che “Roma criminale” è volume che sarebbe particolarmente apprezzato dagli studenti universitari impegnati a sostenere esami in queste interessanti discipline. La narrazione in stile romanzesco rende nondimeno assai appetibile questo tipo di lettura, che dà vita a momenti affabulatori a dir poco stupefacenti nella minuziosa ricostruzione dell’episodio dell’omicidio di cui si rese responsabile il Canaro della Magliana.
Proprio di recente si è appreso che il Canaro, autore, come è noto, di uno dei delitti più cruenti della storia criminale italiana, è uscito dal Carcere e lavora come fattorino presso un commercialista. Così va il mondo: il sistema penale del nostro Paese è teso, sempre e comunque, alla risocializzazione del reo e bisogna dire che camminando per le strade si vedono gli effetti non sempre convincenti di tale politica sociale.
Particolarmente importante è poi il contributo che gli autori danno riguardo all’omicidio Pasolini.
Armati e Selvetella fanno semplicemente i nomi degli assassini. E così squarciano il velo di penosa omertà che per trent’anni ha nascosto alla pubblica opinione una verità che a Roma in molti, troppi conoscevano…
Credo sia importante, dopo la recente scomparsa di Sergio Citti, continuare a battersi affinché questo delitto orrendo non sia consegnato alla storia come l’incidente di percorso di un poeta particolarmente spericolato.
Pasolini, si apprende, morì perché si era fatto troppi nemici, sia a livello politico che negli ambienti della mala romana. Egli, infatti, stava indagando sul racket della… Non vi privo del piacere della scoperta. Perché è in fondo questo, che si domanda ad un libro: scoprire quel che la televisione non dice.
Da menzionare, ad arricchire il saggio, anche il testo del discorso in Parlamento che costò la vita a Giacomo Matteotti e quello dell’interrogatorio di Gabriella Alletto da parte dei PM Italo Ormanni e Carlo La Speranza nel corso delle indagini dell’omicidio della mai dimenticabile Marta Russo (“Il delitto dell’università”).
Nelle fonti sotterranee di Roma, il sangue di Remo bolle ancora e la verginità perduta delle sabine grida senza posa. Perché tutte le strade, da sempre, portano a Roma. Anche quelle del crimine.
Non aprite agli assassini
Antonio Padellaro
200 pagine
Roma 1968. Mosso da un sentimento contraddittorio di odio e insieme di giustizia, Enrico De Grossi, un ex alto ufficiale del Sifar di De Lorenzo, silurato dopo una misteriosa missione a Budapest, avvia un’indagine privata sull’assassinio di una donna, Maria Martirano, strangolata a Roma dieci anni prima. Di quel delitto erano stati accusati il marito dell’uccisa, l’imprenditore Giovanni Fenaroli, e un giovane elettrotecnico milanese, Raoul Ghiani, ritenuti il mandante e il killer di un omicidio architettato per riscuotere il premio di un’assicurazione sulla vita. E, malgrado si fossero sempre dichiarati innocenti, i due furono condannati all’ergastolo a conclusione di un celebre processo che lacerò l’opinione pubblica.
Sulla base di informazioni raccolte negli ambienti dei servizi segreti, De Grossi si convince però che all’origine di quel delitto c’è molto probabilmente una storia di fondi neri maturata nell’Italia politico-affaristica di quegli anni. Non aprite agli assassini propone quel lontano affaire italiano basandosi proprio sulla paziente ricostruzione dell’ex uomo del Sifar. Ancorato a una esposizione rigorosa dei fatti e a testimonianze dirette, è scritto però con il necessario distacco cronistico.
Morte a Via Veneto
Negli anni della Dolce Vita, due grandi casi di nera: Bebawi e Wanninger.
Due delitti affascinanti, di cui il libro chiarisce gli ultimi misteri e ricostruisce, minuto per minuto, le indagini.
Accadde all’Idroscalo
Il delitto Pasolini.
Una nuova e accurata indagine spazza via le false piste e spiega diversi interrogativi, portando un nuovo e inaspettato movente alla luce di un nuovo esame delle testimonianze e della scena del crimine.